Dopo un’attesa durata molti anni arriva finalmente la certificazione biologica per il vino. Dall’uva bio al vino bio, quindi, per portare sugli scaffali di enoteche e supermercati bottiglie certificate come biologiche in riferimento non soltanto all’utilizzo di vitigni coltivati “senza l’utilizzo di sostanze chimiche” – seppur con alcune importanti eccezioni-, ma anche per il rispetto di particolari processi di lavorazione e trasformazione in cantina.
Lo scorso primo agosto, infatti, è entrato in vigore il nuovo regolamento comunitario sul vino biologico. Una documento atteso oltre 20 anni dai viticoltori biologici e frutto di estenuanti trattative e di un faticoso compromesso. Il punto centrale della normativa riguarda i nuovi tetti nell’utilizzo dei solfiti, fissati a 100 milligrammi per litro nei rossi e a 150 nei bianchi e nei rosé.
In regolamento Ue stabilisce poi il divieto per una serie di pratiche usate solitamente nel lavoro in cantina, quali la concentrazione parziale a freddo, la desolforazione dei mosti, l’elettrodialisi, la dealcolazione parziale, il trattamento del vino con scambiatori cationici. Altre pratiche sono limitate: il trattamento termico non può superare i 70°C e la filtrazione non può essere condotta con fori di diametro inferiore agli 0,2 micron. Per quanto riguarda gli ingredienti e i coadiuvanti di processo, vengono ammessi quasi tutti quelli di origine naturale (vegetale, animale e microbiologica, inclusi lieviti e batteri), con la raccomandazione di preferire l’origine biologica quando disponibile e vengono limitati quelli di sintesi.
Per i lieviti enologici è obbligatorio l’uso di quelli bio solo se sono della tipologia/ceppo adeguato alla vinificazione che si può condurre. Negli altri casi si può ricorrere a lieviti selezionati convenzionali, purché non Ogm, oppure ovviamente alla fermentazione spontanea o con i propri lieviti. Nel suo insieme un produttore bio può utilizzare 44 tra additivi e coadiuvanti, mentre il suo collega convenzionale ne ha a disposizione quasi 70.
Parzialmente positivi i giudizi in proposito: “si poteva essere più ambiziosi, ma anche se si è trattato di un compromesso siamo decisamente soddisfatti – ha commentato  Cristina Michelonivicepresidente dell’Associazione italiana per l’agricoltura biologica –  era importante evitare ulteriori rinvii perché a fronte di un crescente interesse da parte dei consumatori, i nostri concorrenti extra europei si sono già dotati di apposite certificazioni”.
In Italia i vitigni biologici interessano una sperficie di 52mila ettari, pari a circa il 7% del totale. Per questi produttori il nuovo regolamento Ue è una grossa opportunità visto la rischiesta di vino biologico che arriva dal Nord Europa, principalmente da Regno Unito e Danimarca.
Anche sul fronte delle guide la novità viene accolta con soddisfazione; Enzo Vizzari, responsabile della Guida dei vini dell’Espresso spiega: “gli enologi sono un po’ perplessi, ma io credo sia un buon passo avanti. Non sarà una garanzia totale o la panacea in grado di eliminare gli abusi, ma ben venga questa novità in un settore che tira molto e di cui molti amano parlare, ma che oggi è un far west proprio per l’assenza di regole più stringenti”.